Vicidomini VS Milani: sei tu il numero uno, non io come sostieni
Maurizio Milani (all’anagrafe Barcellesi Carlo) è aristocrazia incarnata. Si è autoesiliato dal mondo della rappresentazione dove il solito, antropocentrico imperativo è esserci, vincenti, comprensibili, condivisibili, tranquillizzanti, innovatori agiti dalla narrazione contemporanea – l’innovazione non ha a che fare con l’arte, si può essere innovatori solo sui social o in tv, non al cospetto dell’assenza di Dio, piuttosto che di fronte a un’opera di Bacon – e ancora, ostentatamente intelligenti e giovani a vita – anche se si era già vecchi prima ancora di nascere.
È vero, inizio molto male l’articolo aprendo con un periodo lungo, strutturalmente complesso e di intonazione per nulla giornalistica, periodo che scoraggerebbe chiunque a proseguire nella lettura… Ma l’idea che qualcuno possa sentirsi male già dopo il secondo rigo e, magari, perdere conoscenza di fronte ai familiari mi gratifica parecchio. Immaginarsi poi se, di seguito al terzo rigo, arrivasse a chiamare moglie e figli con altri nomi e a vedere parenti defunti e serpenti al muro. Credo sia chiaro che ciò che mi preme, prima di tutto, è il disagio del lettore. E Carlo sa a cosa mi riferisco.
Lui – come me e prima di me – ha individuato nel canto del proprio disdicevole fallimento – e in quello di tutte le cose – il primo passo per liberarsi da sé stesso – sparire nell’opera – nel proiettare un microcosmo fuori dal senso e dall’immaginario comuni, rasentando istintivamente una squalificante autodeturpazione in grado di neutralizzare l’io in partenza, tendendo a un continuo autosabotaggio.
Il mio amico Carlo si occupa dell’infinitamente piccolo, talmente piccolo da dissolversi nell’incomunicabilità santa. Lui non ha bisogno del mondo perché è egli stesso un mondo, abitato prevalentemente da cani e grandi obesi, che nasce e finisce nel Lodigiano. Un tempo in levare sul fiume Lambro. Non è un surrealista, semplicemente è uno che cammina a piedi. Carlo azzera la volontà, decurtandosi di una parola e di un gesto al giorno, affinché rimanga visibile solo la visione dietro le parole scritte e la propria presenza in scena.
Carlo sa che un umorista è prima di tutto il depositario di una visione che precede e segue la propria esistenza – è improprio parlare di immaginario se il problema dell'”io” lo abbiamo già liquidato: l’immaginario è borghese, anzi, Millenials. E di quella visione i suoi scritti ci restituiscono in maniera molto chiara ogni colore.
Il grande problema dell’uomo (lo chiamiamo così per comodità) é inciampare nel filo del senso, nel retaggio della morale e nelle impalcature in ferro battuto della coscienza. Carlo ed io abbiamo avuto l’ardire dispettoso di frequentare pienamente una amorale, catartica, compiaciuta trivialità, – lui soprattutto nei suoi primi pezzi. A noi piace molto ciò che raccontiamo. Così come probabilmente a Saviano, in fondo, piace molto la camorra.
A questo punto del testo il lettore dovrebbe iniziare a bavare copiosamente e a fare versi. Nei casi più riusciti, a parlare al contrario come posseduto, circondato dal terrore dei suoi cari. Forse gli apparirà un uomo con lunga barba che gli mostra le sue 2 mammelle nere. Ormai risulta lampante quanto il mio immotivato ma sentito odio verso il lettore si configuri come qualcosa di centrale.
Carlo, non è vero come sostieni che il numero uno dei comici italiani sia io. Sei tu. So che ci rimarrai molto male ad essere contraddetto, ma sono pronto a morire sul Piave per questo. Da solo. Previsione Mago Whitespeare (all’anagrafe Ciro Lacchi), quindi certa: dopo morto, per la precisione fra 243 anni e 3 mesi e 15 giorni, avrai finalmente un programma tuo. Un comico è prima di ogni cosa un corpo comico che si declina ritmicamente in visioni. Qualsiasi proiezione o discorso nasce dalla tensione innata e dal movimento fisico.
Nella sola camminata di Cochi e Renato, nostri maestri, risiede già tutto quello che i due possano dire e sviluppare. Se pure rimanessero zitti, avrebbero detto già tutto. E mi torna in mente quando per autosabotarti, appunto, e fare in modo che da una condizione fisica sacrificata nascesse un attentato verso te stesso e verso l’umanità in Su la Testa mi pare (o era un altro programma?) incrociavi e piegavi i piedi sul posto, quasi a stare in piedi sulle caviglie torturate, in grande, masochistico disagio. Così si fa.
E penso anche che purtroppo i corpi comici sono pressoché estinti. Niente più comici, solo intrattenitori, cerebrali e assorti in una sola, unilaterale prospettiva, dispensatori di intelligenza e genialità da accatto, ricercatori di effetti sorprendenti, veicoli, forse inconsapevoli, di un immaginario massificato e dissociante che ha come unica dominante il quotidiano. Niente più opere. Solo operazioni.
Più nessuno scandalo necessario potrà muovere da qualcosa che ottenga un minimo riscontro sui social, mezzi che ho deciso di non frequentare più. Oggi l’unica rivoluzione possibile sarebbe quella di negare la propria opera e vita, scomparire, piuttosto che cercare una collocazione o un posto fisso nel catasto dell’esistenza, affinché la complessità di una proposta processata dalla comunicazione e dal flusso di condivisioni, non sia svilita. Non può la storia accaparrarsi ciò che non si è guadagnata.
Giunti fin qui, si tragga la conclusione di quanto l’autore di questo articolo odii genuinamente il lettore, a tal punto da immaginare il momento in cui, arrivato chissà come a questo punto della lettura, venga colto da orrendo e plateale infarto. Un trauma per chiunque gli stia intorno. Soprattutto per la vecchia madre che stramazza al suolo producendosi in un roco e gutturale urlo di bestia. Ecco che a questo punto appare Satana e balla La Cumparsita con gli astanti, tutti gioviali.
Non è la tv ad aver dimenticato Maurizio Milani come ha sostenuto recentemente qualcuno, è Carlo ad aver dimenticato la TV. E’ l’unico che ha il coraggio di non rispondere al telefono quando lo chiamano per farla.
Non si può non prendere atto che un pezzo come Il Latrinaio, ad esempio, sarebbe improponibile in qualsiasi palinsesto o cornice attuale.
Maurizio Milani – Il latrinaio
Se fosse mandato in onda oggi subentrerebbero avvincenti problemi penali. Milani sarebbe accusato di razzismo e forse additato come un pazzo impresentabile. La dissociazione morale globalizzata, la narrazione comune e l’omologazione dell’immaginario e delle immagini sta desertificando anche le ultime oasi rimaste, assorbendo anche le menti più valide. Questo ultimo periodo era inutile, l’ho messo giusto per essere più polemico. Ci tengo molto a essere antipatico così mi ignorano e ho un alibi per non lavorare, che poi è l’unico vero scopo anche di questo elogio.
Detto questo, mi ero dimenticato che il tema del pezzo dovesse essere la promozione dell’ultimo libro di Milani, La La Lambro, testo bellissimo che non fa che confermare tutto quello che ho scritto.
P.S. Carlo, prima o poi, dopo che avrai scritto la tua ultima lettera d’amore puntualmente senza risposta, abbracceremo insieme un cavallo a Codogno, come ha fatto Nietzsche. Anche se poi alla fine ci renderemo conto che era un asino. Che è anche meglio. Ma noi non ce ne eravamo accorti.
Nicola Vicidomini – Prublemi di matematica 1
Vicidomini VS Milani, Milani VS Vicidomini
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