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Esistono canzoni spalancate sull’infinito, altre immerse nel quotidiano, alcune intrise di poesia e altre ancora cucite coi nostri nervi: Strange Weather è la canzone necessaria di Marianne Faithfull.
Strange Weather, una ‘song’ per il tutto di Marianne Faithfull
“Strange weather”, del 1987, con la produzione del grande Hal Willner e musicisti come Bill Frisell, i compianti Dr. John, Garth Hudson e Robert Quine, è stato certamente il capolavoro di Marianne Faithfull, l’album da lasciare ai posteri, con canzoni di Dylan, Waits, Jagger & Richards (“As tears go by” in una nuova, matura, versione), Doc Pomus, Leadbelly/Lomax, ecc…
Gli abusi, le dipendenze, tutto quel vissuto pieno di sofferenza è alle spalle, era stato esposto senza veli nell’altro grande album di Marianne, “Broken English”, in linea con la new wave, duro, vitale, sfacciato, pieno di eros.
Ora c’è più calma, anche se il tempo è strano: il rock è un urlo lontano, la swinging London è appena un ricordo, siamo di fronte a una donna matura, forse pacificata – ma può mai esserlo fino in fondo una come lei? – e riconciliata col passato, che guarda al mondo con uno sguardo più sereno, si aggira tra fumose bettole waitsiane con piglio da cabaret tedesco alla Dietrich, ma con distacco, un velo di tristezza e ancora tanta bellezza da offrire.
Più che quella del corpo, è ora quella del viso e dei suoi primi solchi – ogni solco, un pezzo di vita vera, ogni solco una malattia da cui si è guariti vivendola – della voce, dello stile, dei favolosi arrangiamenti willneriani.
Li immaginiamo tutti in ginocchio davanti alla signora, da Nick Cave – che pure sarà interpretato dalla nostra – ai “soliti” Mick e Keith. E naturalmente ci siamo anche noi tutti. Perché, come recitano i versi di Tom, “una donna cerca di salvare, più di quello che un uomo cercherà di annegare”.
Marianne Faithfull – Strange Weather
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