La Cassazione ha sentenziato che un lavoratore sboccato e inurbano abitualmente nei modi sul posto di lavoro non può essere licenziato.
Lavoratore sboccato? No al licenziamento
Il lavoratore che abitualmente è inurbano e sboccato non può essere licenziato.
Così ha deciso la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 28630/2020 depositata il 15 dicembre, che ha escluso la legittimità del licenziamento facendo riferimento alle usuali intemperanze verbali del lavoratore.
Disciplina
Rischia il licenziamento per giusta causa c.d. “in tronco”, il lavoratore che utilizza un linguaggio (anche durante la pausa pranzo) poco raffinato. Sulla questione va precisato che esiste un’ampia casistica: da impiegati licenziati o multati per essersi lasciati andare ad altri in cui un linguaggio poco elegante è stato considerato stimolante per un confronto. Quindi bisogna entrare nel merito del turpiloquio esaminando la situazione in concreto. Dovrà valutarsi la carica offensiva dell’insulto, l’intenzione, i modi e il contesto.
La Cassazione (sent. n. 42064 del 09.10.2007) non esonera da questo discorso il datore di lavoro, il quale pur conservando un potere di critica nei confronti del lavoratore colpevole di comportamenti non corretti, prevede che tale critica non dovrà mai sconfinare nell’insulto, altrimenti quest’ultimo potrebbe incorrere nel reato di ingiuria.
Conclusioni
Chi adopera un linguaggio volgare crea una situazione di perdita di prestigio dell’azienda con conseguente disagio di colleghi e clienti. La sanzione va dunque calibrata in relazione alla reale portata del gesto irrispettoso.
A completamento dell’argomento trattato, poniamo in evidenza che il Financial Times, il quale riprende alcune ricerche (americane e britanniche), sostiene che talvolta chi si esprime in modo colorito a lavoro viene percepito come più onesto, convincente e credibile.
Stefano Satta Flores: Processo per direttissima (attenzione, linguaggio sboccato e inurbano)
Tanto va la gatta al lardo – 1978 – Episodio “Processo per direttissima”
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