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L’informazione come quinto stato della materia: il futuro della digitalizzazione

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L’informazione digitale cresce a ritmi esponenziali, al punto da essere considerata un “quinto stato della materia”. Secondo il fisico Vopson, i bit avrebbero una massa propria e potrebbero un giorno superare il numero di atomi sulla Terra, portando a una crisi energetica e a un cambio radicale della realtà.

L’informazione come quinto stato della materia

L’informazione digitale sta assumendo un’importanza sempre crescente nel panorama mondiale, tanto da suggerire una vera e propria trasformazione nei fondamenti stessi della materia. Con il termine “quinto stato della materia” si intende una possibile evoluzione della materia stessa, dove l’informazione si affiancherà agli stati solidi, liquidi, gassosi e plasmatici, influenzando non solo il nostro modo di vivere, ma anche il nostro pianeta in modi difficili da prevedere.

La crescente centralità dell’informazione

Negli ultimi anni, la digitalizzazione ha trasformato la nostra vita quotidiana. La maggior parte delle nostre attività, che vanno dalla scuola al lavoro, dalla gestione delle pratiche burocratiche al tempo libero, sono ormai indissolubilmente legate a dispositivi digitali come laptop e smartphone.

Internet è diventato un’infrastruttura fondamentale che supporta e arricchisce ogni aspetto della nostra esistenza, con il 50% della popolazione mondiale che vi accede regolarmente, come documentato dai dati dell’International Telecommunication Union (ITU).

Tuttavia, la digitalizzazione non è priva di sfide. Se da una parte essa ha migliorato la connettività e la gestione delle informazioni, dall’altra solleva interrogativi sulle implicazioni future di una crescita esponenziale della produzione e della gestione dell’informazione.

Se il nostro modo di creare e consumare dati dovesse continuare a crescere con l’attuale ritmo, potrebbe scatenarsi un “collasso” che non si limita a una crisi energetica, ma potrebbe avere effetti ben più vasti.

Dai bit alla catastrofe dell’informazione

Il termine “bit” è ormai familiare a tutti, ed è la più piccola unità di misura dell’informazione digitale. Da quando il transistor fu inventato nel 1947 e il microchip nel 1956, la nostra capacità di produrre, immagazzinare e trasmettere dati è aumentata in modo esponenziale.

Questi sviluppi tecnologici hanno rivoluzionato il nostro mondo, ma, con l’aumento continuo della produzione di bit, sorgono preoccupazioni riguardo alle conseguenze di questa crescita.

L’idea di un “collasso” legato all’informazione digitale è stata proposta dal fisico Melvin Vopson, che ha suggerito che, se l’informazione continua a essere prodotta a ritmi sempre più rapidi, potremmo giungere a un momento in cui il numero di bit supererà quello degli atomi sulla Terra.

Questa previsione, sebbene apparentemente esagerata, solleva una riflessione profonda sulla sostenibilità dell’attuale modello di crescita digitale. L’impatto potrebbe essere devastante, non solo sul piano energetico, ma anche su come concepiamo e trattiamo l’informazione stessa.

Il principio di equivalenza massa-energia-informazione

Un concetto chiave nel lavoro di Vopson è l’ipotesi che l’informazione digitale possieda una massa propria. Il principio di equivalenza massa-energia-informazione suggerisce che ogni bit di informazione, come ogni particella di materia, abbia una massa, sebbene estremamente piccola. Se, infatti, creiamo e distruggiamo enormi quantità di dati, la dissipazione dell’energia associata potrebbe tradursi in un aumento della massa complessiva dei dispositivi che archivia l’informazione.

Questo principio si basa sulla teoria proposta dal fisico Rolf Landauer negli anni ’60, che coniugava termodinamica e informazione. Landauer sosteneva che l’irreversibilità logica di un processo computazionale implichi l’irreversibilità fisica. La perdita di informazione, quindi, avrebbe un effetto fisico tangibile, necessitando di energia. Vopson ha esteso questo concetto, ipotizzando che ogni bit di informazione possa essere associato a una massa pari a 3,19 × 10^(-38) kg, una quantità incredibilmente piccola, ma pur sempre misurabile.

Il futuro dell’informazione e le sue implicazioni

L’informazione digitale cresce in maniera esponenziale. Secondo stime di IBM, ogni giorno vengono creati 2,5 miliardi di gigabyte di dati, che corrispondono a 2 x 10^19 bit. Se questa crescita continua, in qualche centinaio di anni potremmo trovarci a un punto di “singolarità”, in cui il numero di bit prodotti supera quello degli atomi presenti sulla Terra. Non solo: la produzione di questi dati richiederà sempre più energia, con il rischio che l’umanità si trovi a fronteggiare un consumo energetico insostenibile.

Se i tassi di crescita dell’informazione digitale rimanessero invariati, la quantità di dati prodotta nel giro di qualche secolo potrebbe superare la massa totale del pianeta. Entro 1200 anni, con una crescita del 5%, la quantità di bit creata sarebbe pari al numero di atomi sulla Terra. Questa saturazione dell’informazione solleva due principali questioni: la capacità tecnologica di gestire una tale mole di dati e l’energia necessaria per farlo.

La ricerca di soluzioni alternative, come l’utilizzo di fotoni o altre forme non materiali per l’archiviazione, potrebbe rivelarsi fondamentale per evitare il collasso delle attuali infrastrutture digitali. Ma se non si troveranno soluzioni, la saturazione dell’informazione potrebbe portare a una “tassa” sull’informazione stessa, con costi sempre più alti per immagazzinare e accedere ai dati.

Una transizione evolutiva o una catastrofe imminente?

Il futuro dell’informazione digitale, seppur inquietante, potrebbe rappresentare una fase di transizione evolutiva piuttosto che una catastrofe. Secondo Vopson, la crescita esponenziale dell’informazione potrebbe essere parte di un processo più ampio di evoluzione tecnologica, che porterebbe a una nuova forma di esistenza digitale.

Se l’attuale ritmo di crescita non fosse sostenibile, l’evoluzione porterebbe inevitabilmente a nuove soluzioni, magari ispirate alla fantascienza, come mondi virtuali o realtà simulata, dove l’informazione non solo risolverebbe i limiti fisici ma diventerebbe una nuova forma di “materia”.

Il parallelo con le visioni futuristiche di autori come Stanislaw Lem o con film come “Matrix” e “Il tredicesimo piano” è inevitabile. La possibilità che l’informazione, in un futuro lontano, diventi la forma dominante della realtà, non è poi così remota.

In ogni caso, come suggerisce Vopson, questo scenario dovrebbe essere visto con curiosità, piuttosto che con paura. Potrebbe rappresentare una nuova fase dell’evoluzione umana, una in cui l’intero concetto di materia e informazione diventa indistinguibile, e in cui la nostra percezione della realtà potrebbe cambiare radicalmente. L’informazione, quindi, non solo diventa il fondamento della nostra vita quotidiana, ma potrebbe anche essere il motore di una nuova era.

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