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lunedì, Giugno 16, 2025
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Fabiana Dadone, la droga e la destra questurina

L’assegnazione della delega alle politiche antidroga alla ministra delle Politiche giovanili Fabiana Dadone, M5s, favorevole alla liberalizzazione della cannabis, ha mandato in fibrillazione tutto lo schieramento di destra, da Giorgia Meloni a Matteo Salvini, passando per Forza Italia.

Sgomento per cotanta veemenza, puntuale s’alza il pensiero assai poco ortodosso del nostro giurista mascherato, A.C. Whistle.

Viva la droga! Fabiana Dadone e la destra questurina

Come avranno capito anche i meno avvertiti fra i lettori, il titolo serve ad attirare l’attenzione. Pertanto mettiamolo subito da parte e proviamo a fare un ragionamento nel senso stretto del termine, cioè utilizzando l’intelletto a nostra disposizione. Ognuno quello che ha, giacché il Padre dona i talenti a i suoi figli con criterî imperscrutabili, ma sempre -se è consentito affermarlo senza essere tacciati di blasfemia- con eccessiva parsimoniosità, se guardiamo la distribuzione sulla popolazione generale. Chi vuole contestare, spieghi prima perché c’è chi si riconosce in Italia Viva.

Chi è Fabiana Dadone?

Apprendo essere Ministro per le Politiche Giovanili, e che l’8 marzo ha messo i piedi sulla scrivania del ministero ma con scarpe rosse provocanti: non ho capito qual era il messaggio, né se i feticisti hanno o no il diritto di eccitarsi, ma non è questo il punto.

Fabiana Dadone, la droga e la destra questurina

Apprendo che ella in passato avrebbe fatto dichiarazioni sulla liberalizzazione delle droghe leggere (per quelle pesanti continua la discriminazione di genere), e ciò è stato sufficiente a fare sì che insigni statisti (Giorgia Meloni, Roberto Occhiuto, Licia Ronzulli) abbiano reagito con veemenza al fatto che le sia stata conferita la delega alle politiche antidroga.

Ora, già il fatto che esistano le “politiche antidroga” è grottesco: le droghe fanno male? Credo proprio di sì, ma anche i coltelli da cucina sono potenzialmente letali, infatti spesso sono utilizzati per commettere uxoricidio, eppure non mi risulta che esistano le “politiche anticoltellidacucina”. Né che lo Chef Tony sia mai stato indagato per istigazione a delinquere.

Ma poi, perché le politiche antidroga sono nell’ambito del Ministero per le Politiche Giovanili? Evidentemente se un vecchio si droga lo Stato non intende interferire: ah, i vantaggi della senescenza…

“’N do’ s’annamo a spertusa’ la venazza?”

I giovani non lo sanno, ma negli anni ’70 il tema delle tossicodipendenze era centrale nel dibattito politico e nelle discussioni sulla “società”, al punto che persino nelle fiction (all’epoca “sceneggiati”) di Rai 1 si trovava il modo di infilare l’argomento (ricordo ai giovani di cui sopra che fino al 1979 c’erano solo due reti Rai e null’altro, a parte le cosiddette tv locali).

Anzi, per la precisione il tema era “la” tossicodipendenza, cioè la dipendenza da eroina: le periferie (sì, proprio quelle tanto care a Calenda) erano un tappeto di siringhe, tanto che l’utilizzo dei cannabinoidi era considerato quasi frivolo.

Fabiana Dadone, la droga e la destra questurina

I farmacisti avevano una rilevante voce di costo costituita dai tossici che entravano e chiedevano “du’ spade e ‘n’acqua” (due siringhe e una soluzione fisiologica, sempre per i giovani e anche per i non romani): per ovvî motivi essi non le pagavano, e gli esercenti le inserivano nel bilancio annuale con voci del tipo “differenze inventariali”.

Della cocaina poi non si parlava proprio: il costo (100.000-200.000 lire a dose, va’ a sapere se era davvero mezzo grammo o no) era tale che se la potevano permettere solo quelli che possedevano almeno una fabbrica costruttrice di automobili e i suoi pari, per censo ed educazione certamente capaci di gestirne gli effetti; non come ora, che a Vigne Nuove si trovano microdosi da 20 euro, signora mia.

Droga proibita? Droga libera? No, droga obbligatoria!

Negli anni ‘80 il mio fratellino, molto più piccolo di me, venne intervistato da una troupe all’uscita del prestigioso liceo che frequentava, gli venne chiesto “Tu sei per la droga proibita o per la droga libera?” Rispose: “Nessuna delle due: io sono per la droga obbligatoria”.

Che, a ben vedere, è l’uovo di Colombo: da un lato fa contento Gasparri e quelli come lui che hanno reazioni allergiche a qualsiasi cosa che sia connessa con il concetto di libertà; dall’altra consente di regolamentare il fenomeno in maniera burocratico-cattocomunista, nel senso che alla ASL compili un modulo con cui dichiari quale droga vuoi, e la Regione te la passa in esenzione ticket ma devi anche impegnarti a provare a smettere e ad aiutare le vecchiette ad attraversare la strada, che esse vogliano farlo o no.

Bidoni di droga agli angoli delle strade, ognuno prende ciò che vuole con il mestolo…

…era la teoria di nostro padre. D’altronde aveva passato l’infanzia a sdraiarsi nei campi quando si sentivano le eliche dei bombardieri angloamericani (nel paesino in provincia di Cremona in cui viveva non c’erano né allarmi antiaerei né rifugî sotterranei), e poi aveva dovuto sorbirsi i soldati della Wermacht in ritirata (mica erano SS, solo dei poveracci di leva che morivano di fame più dei poveracci le cui terre attraversavano, in linea di massima pur essendo armati non chiedevano nulla e non erano prepotenti, ma mia nonna vedova precoce era di buon cuore ed elargì a qualcuno di loro un uovo al burro o una fetta di polenta).

Poi distribuì gli aiuti ERP in Sicilia (sì, c’era di mezzo la CIA, ma le pance vuote non conoscono ideologia), Azione Cattolica, DC, CISL, ed era totalmente antiproibizionista. Con quello che aveva visto, figurati se aveva voglia di pensare a ciò che gli altri avrebbero dovuto fare o non fare.

Tale posizione non sembri incoerente: si tratta semplicemente di vedere non “il tossicodipendente”, ma “un essere umano che, fra l’altro, fa uso di sostanze”.

Fabiana Dadone, la droga e la destra questurina

Il revival

Insomma, si sa che l’industria dell’informazione, cui ormai la politica appartiene a pieno titolo, ripropone ciclicamente le cose di 30-40 anni addietro: così becca contemporaneamente i giovani, che non le hanno mai sentite, e i tizî di mezza età, che le ricordano con nostalgia perché a quei tempi erano giovani.

Ma allora perché, oltre al dibattito proibizionismo-antiproibizionismo e al montgomery (che credo sia stato fra le cause delle mie turbe inerenti la sfera del comportamento sessuale) non riproponiamo anche l’idea di portare l’attacco al cuore dello Stato!? Oh, si scherza, sia chiaro: non vorrei che, appena uscito dal lockdown e auspicabilmente vaccinato, mi ritrovo in galera ad opera di qualche solerte magistrato privo di senso dell’umorismo.

Post scriptum

Questo articolo è stato scritto subito dopo l’ingestione di circa un litro di Glera fermo sfuso e di 150 ml di vodka: qualunque sia il mio tasso alcolemico (stimabile attorno a 1,5-2,0 g/l), esso scenderà di circa 0,2 ogni ora, poi sarò pulito a tutti gli effetti, persino per il Codice della Strada.

Se consigliassi ai giovani di assumere una sostanza legale al posto di quelle illegali, sarebbe legale? Nel dubbio, taccio.

A Gerardo Sperandini

 

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A.C. Whistle
A.C. Whistle
Nasce alle pendici dei Nebrodi ma sin dalla prima infanzia vive a Roma, da dove non si è più mosso (“la mia famiglia è già emigrata troppo”, dice). Giuslavorista, etilista, pokerista, meridionalista, immoralista, si cela dietro quello che manifestamente è un nom de plume per tutelare la sua posizione sociale e censuaria. Convinto di essere la reincarnazione di Pietro Aretino, in quanto tale produce versi impudichi e faceti, mentre nella prosa predilige la forma breve del pamphlet, sia per dare sfogo alla sua misantropia (praticata come misandria e come misoginia con eguale trasporto), sia per assecondare la pigrizia contro cui ha smesso da tempo di lottare.

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