A Sapri una scultura della spigolatrice con forme di donna in evidenza ha scatenato il dibattito social tra medio progressisti, come avrebbe detto il Megadirettore Galattico Duca Conte Maria Rita Vittorio Balabam, mandando in scena l’ennesima pièce sulla sessualizzazione del corpo femminile, la società, il messaggio. Ormai è una nuova forma d’intrattenimento. Per la politica resta poco spazio e con poca voglia.
La spigolatrice di Sapri, la lotta politica è un ramo dell’industria dell’entertainment
Le tante parole spese contro la statua della Spigolatrice di Sapri mi pare che ci segnalino un fatto, e cioè che si stia completando il lavoro di trasferimento della lotta politica e culturale dal piano dei rapporti di forza a quello del gioco delle rappresentazioni.
L’idea di politica come luogo di mediazione di istanze diverse è sempre più marginale. Si afferma invece sempre più l’idea che la politica debba limitarsi a regolare il campo in cui i soggetti privati agiscono e si autorappresentano sulla base della propria autopercezione.
Se ci fate caso le polemiche si sono infatti concentrate non sulla smisurata bruttezza della statua, ma sulla sessualizzazione del corpo femminile.
E avete voglia di ricordare la Venere di Milo o Le déjeuner sur l’herbe di Manet: là dove conta solo l’autorappresentazione, là dove la realtà è come un mega social network in cui l’individuo è come ciò che decide di apparire, tutti i simboli che in qualche modo possono deviare o mediare l’identità individuale sono considerati come ostacoli.
Lo stato, in quanto garante della dinamica sociale, deve prodigarsi nella loro rimozione.
L’ideale di chi accetta questa logica dell’auto esposizione è quello di un corpo neutro, di uno spazio bianco che ognuno può riempire a proprio piacimento, esattamente come accade nel linguaggio verbale per il quale è stato ideato un nuovo uso dei simboli dell’asterisco e dello schwa.
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